pentola a pressione

Ho scelto questo nome per due ragioni: 1) la pentola a pressione dimezza i tempi di cottura. In un mondo che va di fretta risparmiare il 50 per cento è un indubbio vantaggio di partenza; 2) avevo una sola altra alternativa, ovvero chiamare il mio blog valvola di sfogo. Mi serviva un posto dove riversare i miei pensieri velenosi. Lanciare parole nel web anziché frecciate assassine a chi mi sta accanto può essere la valida soluzione per scongiurare l'esaurimento nervoso, condividendo malumori quasi quotidiani, sporadiche euforie ed anche qualche brontolio sommesso che, appunto, mi rende simile ad una pentola a pressione che necessita di "sfiatare".

mercoledì 16 agosto 2023

UBUNTU, SENZA NESSUN PREGIUDIZIO


Scrivendo la dedica di No è problema (Ubuntu), l'autrice Elisa Bevilacqua mi aveva augurato buon divertimento. Una frase profetica, perché leggendo questo gradevole romanzo edito da Impremix Edizioni, anche senza  sganasciarmi dalle risate ho più volte sorriso, riconoscendo nella vita di Valgioie, ove è ambientato, la realtà che circonda ogni angolo del mondo.

Valgioie esiste davvero, è un piccolo paese montano della Val Sangone. Un luogo di pace, immerso nel verde, dove tutti si conoscono. La sua tranquillità viene stravolta dall'arrivo, in un giorno di neve, di un bus con 50 migranti richiedenti asilo. 

Valgioie potrebbe essere ovunque, perché l'arrivo di un carico di "maschi stranieri ", per di più di pelle nera, in qualsasi parte del mondo, potrebbe destare preoccupazione.

Saranno cattivi? Selvaggi? Stupreranno le nostre donne? Ruberanno? Scombussoleranno la nostra tranquilla vita provinciale al punto che non potremo più lasciare liberi i bambini in sicurezza? 

Sono tante le domande che preoccupano i residenti. Il doppiogioco del sindaco, che in pubblico si dice contrario alla scelta impostagli da altri di sistemare i migranti nell'ex albergo da anni in disuso ma nel frattempo trama nell' ombra con una cooperativa per lucrare sull'arrivo di queste persone, di  certo non aiuta a placare gli animi di chi vede il rischio ovunque.

Invece, dopo alcuni mesi dal loro arrivo, queste persone si dimostreranno ben integrate nella comunità. A cercare di  ridurre al minimo gli ostacoli linguistici  e culturali che i residenti razzisti vorrebbero cavalcare per respingere gli "invasori" contribuisce  Nadia, la nipote del sindaco, (nonché figlia del suo vice, più razzista di molti suoi cittadini). 

Fino all'altro ieri maestra della scuola locale, improvvisamente Nadia vince il concorso appositamente indetto e viene promossa (con uno stipendio decisamente piu elevato) al ruolo di educatrice di queste persone. 

Anche lei, inizialmente scettica, si calerà nella parte storcendo il naso. Ma, strada facendo, scoprirà la bontà d'animo di queste persone. 

Per uno spiacevole equivoco, sul finire del libro in paese si scatenerà un vero e proprio caos, ulteriormente ingigantito da giornalisti senza scrupoli che gridano allo scoop senza  nemmeno provare ad indagare per capire realmente l'accaduto. 

Elisa Bevilacqua è una valida scrittrice, con un curriculum giornalistico non indifferente: avevo già letto altre sue opere e ne ho apprezzato anche questo piacevole romanzo, ormai edito da un paio d'anni ma sempre attuale. Elisa ha costruito una trama intrigante mischiando sapientemente finzione e realtà, attingendo dai personaggi e dal  territorio  in cui ha vissuto per dare vita ad una storia dinamica e molto realistica. Piacevolissime le figure di Iole e Prassede, le due nonnine petulanti a cui nulla sfugge, ma ho trovato anche molto azzeccata la foto dell'autrice sul retro di copertina. 


Quel dito alzato sembra quasi un monito, forse un invito a non cercare di cogliere sempre la polemica, la contestazione a tutti i costi, a essere sempre pronti a dire no. L'arrivo di migranti richiedenti asilo non deve sempre essere visto come un dramma. 

Penso in tal senso al paese che mi ha dato i natali, Sant'Ambrogio, in val di Susa, opposta a quella dove trova collocazione Valgioie. Fin dagli anni '70 Sant' Ambrogio ha accolto vientamiti, marocchini, in epoche più recenti famiglie ucraine, in fuga da miseria e guerra. Non ha mai chiuso le porte nemmeno alle numerose famiglie di veneti e calabresi, tanto per citare gli "stranieri" di casa che l'hanno scelta come nuova dimora, facendoci scoprire nuclei talvolta migliori di  quelli residenti (e lo dico da figlia di piemontesi). 

La nostra diffidenza verso il prossimo non è dettata solo dal diverso colore della pelle, ma anche da tradizioni, usi e costumi che ci sembrano così strani rspetto alla nostra consuetudine. E allora che fare? Ubuntu, cioè unità, rispetto e compassione. Perché solo così, senza pregiudizi, si scopre che ciò che vediamo come un problema, talvolta (purtroppo non sempre) può rivelarsi per quello che in effetti è: una risorsa. 

Brava Elisa, io l'ho capito. Ora, però, lo dovresti spiegare anche a molti altri. 

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