Ma, chissà perché, le cose belle terminano prima. Cinque giorni tra Bretagna, Normandia e Parigi sono volati in un attimo.
Lasciandomi ottimi ricordi, che vanno ad arricchire il mio bagaglio di viaggiatrice curiosa. Tutto ha preso avvio alle 5.30 del mattino, con la salita sul pullman della Vagamondo Viaggi Furno
che già lo scorso anno, stesso autista (mio fratello) e stessa guida turistica (mia cognata), mi aveva regalato una splendida trasferta nella foresta nera tedesca.
Lasciandomi ottimi ricordi, che vanno ad arricchire il mio bagaglio di viaggiatrice curiosa. Tutto ha preso avvio alle 5.30 del mattino, con la salita sul pullman della Vagamondo Viaggi Furno

che già lo scorso anno, stesso autista (mio fratello) e stessa guida turistica (mia cognata), mi aveva regalato una splendida trasferta nella foresta nera tedesca.
Ad attenderci, un percorso impegnativo: con le consuete pause previste, dalla bassa valle di Susa abbiamo raggiunto la prima meta, Le Mans, dopo 13 ore di viaggio.
Pur non guidando io, la fatica si fa sentire: la levataccia del mattino, la lunga posizione seduta, ti conducono alla meta che ti senti un po’ provata.
Ma il tempo di una doccia e di una cena ristoratrice e sei di nuovo pronta a girovagare per la cittadina, che si presenta ai tuoi occhi con una serie di bellissime proiezioni sui monumenti storici, che la impreziosiscono ulteriormente, quasi che le chiese fossero adornate esternamente da tende di broccato.
Qualche ora di sonno in un letto confortevolissimo e si riparte: ci attende Saint Malò, in Bretagna, dove dalla scorsa settimana alberga un pezzo del mio cuore.
Già addentrandomi a piedi oltre le mura che la circondano, avevo capito che la visita sarebbe stata interessante.










La zona è pedonale, la vista impagabile.
Splendido il centro storico, che pullula di negozietti tipici dove è impossibile non comprare un souvenir o mangiare qualche goloseria (dimenticatevi la dieta, non sono posti adatti per fare sacrifici) accompagnati da profumi invitanti, prevalentemente di dolci, e da musiche diffuse dai numerosi artisti di strada, Meravigliose le antiche mura, dove potrete far spaziare la vista su un orizzonte imperdibile i cui colori assumono svariate sfumature di blu mentre i gabbiani stridono nel cielo e si prestano ad essere fotografati quasi fossero animali domestici.
Splendido il centro storico, che pullula di negozietti tipici dove è impossibile non comprare un souvenir o mangiare qualche goloseria (dimenticatevi la dieta, non sono posti adatti per fare sacrifici) accompagnati da profumi invitanti, prevalentemente di dolci, e da musiche diffuse dai numerosi artisti di strada, Meravigliose le antiche mura, dove potrete far spaziare la vista su un orizzonte imperdibile i cui colori assumono svariate sfumature di blu mentre i gabbiani stridono nel cielo e si prestano ad essere fotografati quasi fossero animali domestici.
Non è il mio caso, ma i miei compagni di viaggio hanno decisamente apprezzato.
Io posso dirvi che la birra bretone è favolosa, così come i biscotti normanni che abbiamo degustato durante la tappa allo spaccio di un biscottificio prima di giungere a Mont Saint-Michel.
Già, Mont Saint-Michel. Un altro posto del quale avverto gia' grande nostalgia.
Mia cognata mi aveva messa in guardia dicendomi che, abituata alla magnificenza della Sacra di San Michele, dove trascorro parte dell’estate fin dall’infanzia, sarei probabilmente stata delusa, per il fatto che l’abbazia francese è decisamente più povera di contenuti rispetto a quella che sovrasta il Pirchiriano.
Invece mi ha ammaliata. Osservare l’arrivo dell’alta marea dalla sua terrazza esterna, apprezzarne il silenzio e la sensazione di pace appagante nonostante i molteplici visitatori presenti, immaginare la fatica della sua realizzazione, mi hanno regalato emozioni intense. Ed apprezzarla di sera, illuminata dalle molteplici luci mentre si staglia imponente sulla cima del promontorio, è stato uno spettacolo indimenticabile anche per me che non sono particolarmente romantica.
Ma le sensazioni più forti, decisamente toccanti, le ho provate il giorno dopo. Quando, svegliati di buon’ora, siamo stati condotti alla Pointe du Hoc, uno dei tristi luoghi dello sbarco in Normandia da parte dei rangers americani.
Anche qui, silenzio assoluto, quasi tombale, e numerosi cartelli esplicativi che narrano le sanguinose vicende del giugno 1944.










Tra le tante, mi ha profondamente colpita la storia di un giovane 23 enne, che il giorno dello sbarco festeggiava il terzo anniversario di matrimonio.
Per lui, sulle scialuppe, i compagni di sventura avevano intonato canti di gioia, ma immaginarlo mentre cerca di erigersi sull’erto promontorio con funi, coltello e tanta grinta con il pensiero alla sua sposa per andare incontro alla morte mi ha rattristata parecchio, così come la successiva tappa ad Omaha Beach, dove è stato eretto un monumento ai coraggiosi.
Mentre passeggiavo tra i viali del cimitero americano, dove riposano 9.400 caduti, tra quelle migliaia di croci bianche di sconosciuti, li sentivo vicini e mi rallegravo della mia vita, pensando che ognuno di noi, alla sua morte, avrà la propria croce, ma soltanto pochi, per fortuna, avranno alle spalle un'esistenza tanto breve ed una storia così nefasta.
Sintetizzare 5 giorni di viaggio in un semplice racconto è impossibile. Descrivere le emozioni a chi non è mai stato in quei luoghi altrettanto arduo.
Dopo una tappa ad Arromances con visita del museo locale dedicato allo sbarco, la trasferta si è conclusa con un giorno e mezzo di sosta a Parigi.
Era la terza volta che ci tornavo. Non mi ha entusiasmata molto, non tanto perché non fosse una novità, quanto perché, al confronto di tanta pace e serenità respirate nei giorni precedenti, la capitale francese l’ho trovata caotica, rumorosa e soprattutto sporca.
Due anni fa visitai Barcellona: altrettanto popolata, ma decisamente più ospitale.
I parigini sono un po’ boriosi: li definiamo cugini d’oltralpe, ma mi ha datto l’impressione che la parentela, come spesso accade anche nelle migliori famiglie, gli stia un po’ stretta.
Certo, i monumenti sono spettacolari, altrimenti la “grandeur” francese non sarebbe giustificata.
Ma salire a Montmartre accolta da un puzzo di urina che penso non si senta nemmeno nei peggiori sobborghi indiani, non fa loro onore. Molto meglio le fragranze annusate da Fragonard.
Chissà, forse se la tirano così tanto perché hanno appena vinto i mondiali. Oppure è un loro dono innato sentirsi superiori, sebbene non abbiano nemmeno il bidet.
Ma a me il calcio non interessa. Allo sport preferisco la storia di queste terre.
Dopo questo viaggio ho una visione diversa del tricolore francese: per me ora il bianco è la facciata di Montmartre, il rosso il sangue versato sulle coste normanne ed il blu il colore dell’oceano che lambisce questi luoghi, ricchi di storia decisamente più bella da conoscere in loco anziché studiandola sui libri.

































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