Molti ricorderanno, per averlo vissuto o sentito raccontare, quel giorno di febbraio 1952 in cui la giovane Elisabetta si trovava con il marito in viaggio in Kenya e salì su un fico gigantesco per alloggiare all’interno del lodge loro riservato. Vi entrò principessa e ne discese regina, a seguito della morte nel sonno del padre Giorgio VI, che le lasciò una pesante eredità da gestire.
Quando Elisabetta ascese al trono io non ero ancora nata, ma fin dalla mia adolescenza la vita dei reali inglesi mi ha sempre affascinata. Non tanto per il gossip e gli scandali che a volte trapelano (benché una fitta cortina cerchi di nasconderli al pubblico), bensì perché, nonostante il loro status elitario, io li vedo molto simili a noi comuni mortali. Nonostante osservino un disciplinare rigido ed ossequioso, badando molto all’etichetta, sono convinta che i membri della Royal Family abbiano gli stessi nostri vizi e virtù.
Nel lungo periodo del suo regno abbiamo visto la regina indossare svariate vesti, ma quella dell’investigatrice probabilmente ancora mancava. A rimediare alla lacuna ci ha pensato Sophia J. Bennet, scrittrice inglese appassionata della monarchia britannica, autrice di “Il nodo Windsor”, edito da Mondadori: una sorta di poliziesco, ben ambientato all’interno del castello di Windsor.
Un libro brioso, descrittivo, vivace, che ci trasferisce nelle dimore reali, tirandoci per la giacca a curiosare tra scuderie, giardini, stanze e corridoi, nel tentativo di risolvere un mistero caratterizzato da molta ironia british.
La trama è piccante. Affiancata dalla giovane assistente Rozie, la Regina sta per festeggiare il suo 90mo compleanno, ma i preparativi vengono sconvolti da un’inquietante morte. Il pianista russo Maksim Brodskij, 24 enne residente a Londra, che la sera prima ha piacevolmente intrattenuto gli ospiti, ballando anche con la sovrana, viene ritrovato nudo nell’armadio della sua stanza. A prima vista, la morte pare sopraggiunta per soffocamento provocato dal cordone della vestaglia, troppo stretto in un ardito tentativo di asfissia autoerotica. Le indagini prendono avvio con l’interrogatorio della servitù, ma la sovrana capisce subito che la risoluzione sia altrove. A suo avviso, infatti, si tratta di omicidio. La regina Elisabetta sguinzaglia discretamente Rozie a destra e manca; trova la conferma delle sue supposizioni, lasciando credere agli incaricati delle indagini di aver risolto il caso da soli, senza mai prevaricarli.
La dinamica del giallo non è chissà quanto originale. A mio avviso i personaggi tirati in ballo sono forse anche troppi, tanto che in alcuni passaggi ho perso il filo della lettura, cosa che accade di rado. Non anticipo troppo, ma in effetti anche in questo caso, per dipanare la matassa, vale seguire il motto “cherchez la femme”. In ogni caso, a rendere piacevole il racconto è tutto il corollario narrativo, che lo rende incredibilmente reale. Termine inteso non nel senso di appartenente alla casata, bensì nel significato di veritiero. Pagina dopo pagina, al cospetto della sovrana incontrerete Michelle e Barak Obama, David Cameron, sentirete parlare di Putin, di Brexit, di via della Seta. Sorriderete alle battute del principe Filippo, passato a miglior vita poco dopo l’uscita del libro, immaginerete i corgi accucciati ai piedi della regnante attorniata dalla sua servitù.
La regina Elisabetta nelle pagine scritte dalla Bennet si dimostra carismatica e curiosa ma non sconfina mai nella ficcanaseria. Anzi, pur mantenendo il suo impeccabile aplomb anche in chiusura di indagine, dal mio punto di vista dimostra una spiccata sensibilità emotiva. Aspetto che i media non ci mostrano mai e che io credo invece sua maestà possieda. “La regina è capace di risolvere misteri. Pare che il primo l’abbia risolto quando aveva 12 o 13 anni. Vede dettagli che altri non vedono, spesso perché tutti guardano lei, è competente su così tante cose, ha una memoria eccezionale” è quanto riferisce una sua ex assistente a Rozie durante un colloquio. Ed è anche capace, aggiungo io, di sciogliere un nodo creatosi nella sua residenza preferita.
Parafrasando una frase arcinota, speriamo pure che Dio salvi la regina, ma auguriamoci preservi a lungo anche Sofia Bennet, abile narratrice di vicende che sono frutto della sua fantasia ma dalle quali traspare un’approfondita conoscenza di quanto accade a palazzo.
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