![]() |
Marco Giallini è uno dei miei attori preferiti e i gialli mi
intrigano assai. Nonostante ciò, tuttavia, non ho mai seguito una
puntata della serie tv che lo vede protagonista nei panni del
vicequestore Rocco Schiavone, ispirata ai libri di Antonio Manzini.
Ho rimediato alla lacuna questo fine settimana, leggendo il primo romanzo della serie, intitolato “Pista nera”, pubblicato nel 2013 e riedito da Sellerio la scorsa estate.
Mentre curiosavo nello stand della casa editrice palermitana al recente Salone del libro torinese, mi sono imbattuta in questo volume del quale mi ha immediatamente conquistata la copertina, raffigurante un uomo infreddolito che si tira su il bavero del cappotto mentre cammina nella neve con alle spalle una splendida luna piena.
“Lo prenda, vedrà che non resterà delusa” mi ha suggerito la standista mentre ne stavo valutando l’acquisto, l’ennesimo della giornata. Per convincermi maggiormente, la ragazza siciliana (che tra l’altro aveva la stessa voce di Teresa Mannino e la medesima simpatia della comica) mi ha invitata a ripassare da quelle parti qualche ora dopo, quando sarebbe stato presente l’autore per il firmacopie. “Deve vedere che uomo, non la lascerà indifferente”.
Più tardi, però, avevo da fare, quindi ho declinato l’invito. La curiosità è femmina e per capire cosa mi fossi persa sono andata a vedere le foto dell’autore su Google. Belloccio sì, ma non mi sembra proprio il mio genere.
Ad impressionarmi favorevolmente, invece, è stato il romanzo. Ambientato in una gelida val D’Aosta (e con le temperature torride di questi giorni e la mia passione per il freddo forse anche quest’aspetto ha influenzato la mia recensione positiva), introduce fin da subito il lettore al fattaccio. Su una pista da sci di Champoluc, in un tratto poco battuto, viene ritrovato il cadavere di un uomo, straziato dal passaggio di un gatto delle nevi sul suo corpo.
Di chi si tratta? Perché è stato ucciso? La sua morte è avvenuta prima o dopo del passaggio del mezzo? Come mai non indossava i guanti?
Queste sono solo alcune delle mille domande che Rocco Schiavone, l’affascinante vicequestore romano, trasferito (e leggendo si scoprirà anche il perché) dalla Capitale alla valle d’Aosta, insofferente al freddo, alla neve e a molte persone, si porrà durante l’indagine.
Il libro scorre veloce come una discesa su una pista nera. La trama si dipana nell’arco di 5 giorni: il cadavere viene rinvenuto il giovedì dall’addetto alla battitura che prepara le piste in vista del fine settimana ed il lunedì, in occasione del funerale della vittima, il caso è già risolto.
Schiavone non delude: è un uomo attento ai dettagli, provocatore, anche un po’ cinico e saccente, ma il personaggio mi ha affascinata immediatamente. Credo che non sarà l’unico libro di Manzini che leggerò, così come è probabile che, essendo l’autore anche sceneggiatore, prima o poi finirò col cedere alla tentazione di guardare anche qualche puntata della serie tv che vede protagonista Schiavone.
Benché io non sia un'eccellente sciatrice, ho percorso la pista nera praticamente a rotta di collo. Ho iniziato a leggere il libro venerdì sera e domenica pomeriggio ho chiuso l’ultima pagina. Difficile resistere ad una storia così ben scritta, con dovizia di particolari che abbracciano un ampio panorama: ambientale, culinario, psicologico e caratteriale. Probabilmente non mi capiterà mai più di incontrare la standista della Sellerio, ma se mai accadrà non avrò la minima esitazione nel dirle che aveva proprio ragione. Non ho conosciuto Manzini, ma la sua penna mi ha entusiasmata come poche altre sono in grado di fare.
Nessun commento:
Posta un commento