Penso che questa sia la prima volta che recensisco un libro negativamente. Di solito scelgo di parlare solo di quelli che mi lasciano qualcosa una volta chiusa l'ultima pagina. Chi mi segue lo sa, su questo blog ce ne sono molti.
Tuttavia, tacere non sarebbe corretto. Perchè, dopo averne letta la descrizione dai toni entusiastici su un inserto settimanale che si occupa di editoria, nutrivo talmente tanta aspettativa nei confronti di "Niente di vero" di Veronica Raimo, edito da Einaudi, che la cocente delusione provata mi ha convinta a parlarne per evitare che altri provino la stessa sensazione.
Il fatto che il romanzo fosse candidato al premio Strega avrebbe dovuto insinuarmi il dubbio: di solito diffido delle pellicole e dei libri tanto osannati. Non ho mai capito perchè, ma se piacciono alla stragrande maggioranza dell'utenza, non sono invece di mio gradimento. Niente di vero non ha vinto la 76 edizione del concorso letterario, ma ha sbaragliato la concorrenza per quanto concerne la sezione giovani. Infatti, è salito sul podio come testo preferito dai ragazzi delle scuole.
I casi sono due: o non sono più capace a distinguere una valida lettura, oppure sto davvero invecchiando e i miei gusti si discostano troppo da quelli delle nuove generazioni. Ai posteri l'ardua sentenza.
Ma di cosa parla "Niente di vero"? A conti fatti è una sorta di biografia dell'autrice, che mescola manie, frasi, modi di agire dei suoi familiari, intercalandole con storie di amicizia e di sesso più o meno fugace, tratteggiando la figura di una giovane donna che ha iniziato a mentire a se stessa ed al prossimo in tenera età e da allora non ha più smesso.
Confesso di avere problemi con l'arte: talvolta, dinnanzi ad un'opera moderna, fatico a individuare l'estro creativo dell'autore. Gli altri ci vedono chissà quale talento, io mi incaponisco nel tentativo - che si rivela perennemente un insuccesso - di comprendere cosa si celi realmente dietro quello che ai miei occhi appare come un semplice agglomerato plastico o nient'altro che una gigantesca macchia di colore. In questo caso, forse per mia incompetenza, non sono riuscita ad individuare il talento letterario che molti critici hanno invece riconosciuto, tanto da definire la lettura di questo libro "una festa" o anche "un monologo ustionante".
Niente di vero, per quanto mi riguarda, è solo una storia di bugie. Magari anche dette a fin di bene, ma spesso ostentate senza motivo. Probabile io parli da prevenuta, perchè non reggo affatto la falsità, ma tutte le pagine di questo romanzo mi sono sembrate eccessivamente permeate di menzogna.
Veronica racconta della sua vita e della sua famiglia, che non sono poi così fuori dal tradizionale cliché: una madre preda dell'ansia e un padre ossessionato dall'igiene, che viaggia con rotoli di Scottex al seguito per nettare tutto ciò che gli si pari a tiro, dedicandosi in contemporanea a repentine modifiche architettoniche di ogni immobile di famiglia con la costruzione di tramezzi e divisori. Non sfugge alla lente di ingrandimento il fratello Christian, affermato scrittore con cui Veronica viaggia sempre sui binari della concorrenza.
"Veronica Raimo è l'unica che mi ha fatto ridere ad alta voce con un testo scritto in prosa da quando ero adolescente" ha dichiarato Zerocalcare. E allora chi sono io per criticare una scrittrice che ha al suo attivo la pubblicazione di tre romanzi, di un libro di poesie, numerosi racconti e la sceneggiatura di un film di Marco Bellocchio? Nessuno, ne sono consapevole. Però lasciatemelo dire: pur essendo generalmente propensa alla risata, leggendo questo romanzo non ho minimamente arricciato il labbro all'insù.
Ho 7 anni in più di Veronica: lei ha un seno microscopico per il quale è sempre stata derisa dalla zia, io al contrario ho un "balcone" ingombrante che entra sempre in scena prima di me. Suo padre è igienista e sua madre ansiosa: i miei genitori sono come i suoi, ma invertiti. A pulire incessantemente ogni cosa da quando apre gli occhi al mattino fino a che non si corica la sera è mia madre, mentre mio padre negli ultimi anni non è diventato ansioso, bensì decisamente più pessimista e brontolone rispetto ad un tempo. Lei ha la stessa bocca di suo padre, io pure. Veronica in passato ha tenuto un diario per mentire a sua madre, inventando fandonie per descriversi diversa dalla realtà, consapevole che lei lo avrebbe letto. Io lo scrivevo stenografando per evitare che la verità venisse indagata da occhi indiscreti.
Dei tanti punti che io e l'autrice abbiamo in comune (se ci fate caso anche - in parte - il cognome: lei Raimo, io Raimondo), a mio avviso non così degni di nota da essere utilizzati per intessere una trama romanzesca, forse non sono stata in grado di sfruttare l'unico che avrebbe potuto garantirmi un po' di successo. Giocando con la prima parte del suo nome e con la predisposizione alla menzogna, Veronica ha scritto "Niente di Vero". Io sono ancora in tempo a farle il verso, potrei intitolare la storia della mia famiglia "Nulla di Norma(le)". In ogni caso, non credo vincerei lo Strega e nemmeno sobillerei la curiosità pruriginosa di qualcuno.
Un po' come ha fatto con me questo libro, il primo del quale non mi spertico a tessere le lodi. Ora che l'ho finito mi rendo conto che davvero - e me ne dispiaccio perché leggere per me è sempre un piacere - non mi ha regalato nessuna emozione memorabile. Comunque, in fin dei conti, non spetta a me gestire il vostro denaro e la vostra biblioteca. Se volete comprarlo, fate pure. Ma non ditemi poi che non vi avessi avvertiti.
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