Valentina lo conosce perché è amico del fratello, ma ci ha già parlato; una sera, invitata ad un party per celebrare il post maturità, ci flirta dopo aver bevuto un po’ troppo. Anche lui non è pienamente lucido e la violenza si consuma in una stanza della casa in cui si svolge la festa. Poco importa che la non condiscendenza della ragazza sia provata dai ripetuti no che pronuncia scandendo bene la parola e da una macchia di sangue che resta sul letto a testimonianza dell’opposizione fisica strenuamente portata avanti.
Il libro è un messaggio toccante: per le vittime, per i loro famigliari, ma soprattutto per quel fratello che ormai a Valentina non parla più da 7 anni e che probabilmente mai lo leggerà: “Certe famiglie si sono spaccate proprio a causa dei tabù. Certe persone si sono spaccate proprio a causa dei tabù. Potrei essere una di loro. Potresti esserlo tu che leggi. Per quel che ne so, potremmo esserlo tutti. Muoio dalla voglia di andare avanti nella vita, ma mi sono resa conto che non ci andrò mai, avanti nella vita, se continuo a fare lo struzzo”. In effetti, per denunciare un simile sopruso, ci vuole coraggio. Non tutte lo trovano, e Valentina lo sa: “Ho scoperto che il novanta per cento delle donne stuprate, in Italia, non denuncia affatto”.
I motivi possono essere molteplici, ma in cima alla scala c’è soprattutto il timore di essere giudicate. L’uomo che ha tante donne è un figo, meglio non dire a cosa sia equiparata la donna che ha più uomini nel corso della sua esistenza. Lo sintetizza bene l’autrice in un passaggio: “Si dice che una chiave che apre tante porte è una gran chiave, mentre una serratura che si lascia aprire da più chiavi è una pessima serratura. Si dice che voi siete chiavi e aprite le porte delle vostre vite; e che noi siamo stupide serrature e dobbiamo giocare in difesa. Io è da tempo che ho deciso di essere chiave. Di non aspettarmi che altri mi aprano con scasso, mai più”.
Valentina non è affatto stupida: ha un diploma di maturità conseguito con 98/100, una laurea in giurisprudenza e il sogno di fare la giornalista che si scontra con la realtà di un lavoro precario. Le sue aspettative erano differenti, ma la vita le ha insegnato che spesso soprusi e compromessi la fanno da padrone, nonostante le prospettive talvolta sembrino rosee.
Lei giunge ad una conclusione che non sempre è concessa alle vittime di stupro. “Sono viva. E, a volte, va bene così. A volte, essere viva è tutto quello che ti resta”. Talvolta, per sopravvivere a un tradimento da parte di una persona cui si è voluto tanto bene, basta concentrarsi su una manciata di bei ricordi. E sfogare la propria rabbia scrivendo un libro che aiuta a riprendere in mano la propria vita, dandogli il titolo di quella consonante che può avere diverse interpretazioni. La X che Valentina si è tatuata sull’anulare, proprio dove aveva un neo identico a quello del fratello, può assumere tanti significati. Può rappresentare un incrocio, una croce obliqua, un numero romano, un’incognita, il punto della mappa che indica ove sia sepolto il tesoro, una farfalla stilizzata.
Io ci vedo anche la voglia di chiudere con il passato. Chi mastica un po’ di informatica sa che per uscire dalla finestra di un software mentre lo si sta usando sia sufficiente cliccare sulla x che è posta in alto a destra dello schermo. Uscire da una vita che ha preso una piega che non ci piace non è altrettanto semplice, ma la volontà di cliccare su quella x è già un buon segno. E questo libro confessione lo dimostra ampiamente.
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