pentola a pressione

Ho scelto questo nome per due ragioni: 1) la pentola a pressione dimezza i tempi di cottura. In un mondo che va di fretta risparmiare il 50 per cento è un indubbio vantaggio di partenza; 2) avevo una sola altra alternativa, ovvero chiamare il mio blog valvola di sfogo. Mi serviva un posto dove riversare i miei pensieri velenosi. Lanciare parole nel web anziché frecciate assassine a chi mi sta accanto può essere la valida soluzione per scongiurare l'esaurimento nervoso, condividendo malumori quasi quotidiani, sporadiche euforie ed anche qualche brontolio sommesso che, appunto, mi rende simile ad una pentola a pressione che necessita di "sfiatare".

martedì 20 settembre 2022

LASSU’ IN NORVEGIA, TRA BALENE, SARDINE E OMICIDI.

 

Molti anni fa, nella mia veste di cronista di un giornale locale, fui invitata al vernissage di un’associazione tutta al femminile che prevedeva, nella medesima serata, la presentazione di un libro appena edito da un autore nostrano. L’evento sarebbe stato preceduto da una cena, nella quale un parterre in rosa avrebbe discusso di entrambi gli argomenti.

Poiché la data dell’incontro coincideva con il mio primo giorno di dieta (una delle tante seguite nel corso della mia vita!), non volevo vanificare gli sforzi del nuovo regime alimentare con uno strappo alla regola proprio all’inizio. Pertanto, ringraziando per l’offerta culinaria, mi presentai alla serata a stomaco pieno, rinunciando a molte prelibatezze.

Mai scelta fu più azzeccata, ma lo avrei scoperto solo pochi minuti dopo. In mezzo a tante sconosciute, per puro caso mi fu assegnato il posto a sedere di fronte ad una donna molto graziosa e socievole. Parlando del più e del meno, mentre lei mangiava e io sorseggiavo acqua naturale, arrivammo alla domanda cruciale: tu di cosa ti occupi? E lì, benché io abbia il gusto del macabro, mi stupii di ciò che udirono le mie orecchie.

La signora mi raccontò con ricchezza di dettagli e un’incredibile passione del suo mestiere, quasi fosse il lavoro più bello del mondo. Piccolo particolare non proprio irrilevante, la donna eseguiva autopsie. Evidentemente l’occupazione doveva piacerle davvero, data l’enfasi delle sue parole.

Io ancora oggi, quando ci penso, mi chiedo come potesse farlo senza tornare con la mente di continuo, mentre mangiava, agli scenari che, nel corso degli anni, le si erano presentati dinnanzi agli occhi. Eppure lei divorava le portate come nulla fosse: non una piega, fino a che il suo stomaco non fu pieno. Io, solo ad ascoltarla, avrei smesso di cenare subito.

Se questa premessa vi sembra fuori luogo per una recensione, evidentemente non avete letto “Una trappola d’aria” di Giuseppe Festa, edito da Longanesi. Più volte, nei giorni scorsi, durante la lettura, la mia mente ha avuto un flashback e sono tornata a quella sera.

Il romanzo, decisamente avvincente, è ambientato in Norvegia, nell’arcipelago delle isole Lofoten. Fin dalle prime pagine l’autore esordisce con un omicidio, che avviene su una barca ormeggiata in rada. Quella morte darà il la ad una lunga scia di sangue. La trama si snoda tra balene, alghe, indagini, ripicche, un vecchio diario ed una serie di omicidi che sembrano essere legati uno all’altro. Tutto si complica pagina dopo pagina e scovare l’assassino è un’impresa difficile. L’omicida è scaltro e sembra voler punire le vittime giustiziandole per aver osato in qualche modo ferire la natura.

Il compito di dipanare la complicata matassa viene affidato all’ispettore Marcus Morgen, sorpreso tra le mura domestiche dal collega e amico Ailo mentre sta per per suicidarsi con un colpo di pistola. L’indagine distoglierà Marcus dai pensieri funesti, facendogli dimenticare le disgrazie che gli sono piovute addosso nell’arco di breve tempo: la morte della madre, l’abbandono dell’amore della sua vita e un incidente in servizio che oltre ad una gamba gli ha anche fatto perdere il posto di lavoro.

Nel nuovo incarico Marcus avrà al suo fianco una giovane ricercatrice italiana esperta di animali marini, Valentina Santi, che conosce l’arcipelago norvegese come le sue tasche poiché vi si è trasferita proprio per studiare le balene. Inutile dirvi che il caso sarà risolto prima del termine del racconto; nel frattempo, il lettore incapperà in una serie di morti piuttosto violente di cui non saranno risparmiati i dettagli autoptici. Le descrizioni particolareggiate dell’autore, comunque, riguarderanno le atrocità subite dalle vittime, ma anche gli splendidi scenari naturalistici norvegesi, luoghi e paesaggi che da anni sogno di visitare.

L’autore, Giuseppe Festa, non è solo uno scrittore: laureato in scienze naturali, è sceneggiatore di documentari oltre che cantante. Tutte queste esperienze si contaminano tra loro nella stesura del libro, un meraviglioso thriller che scorre velocemente ed ha continui rimandi ad un misterioso diario del passato. Leggendo “Una trappola d’aria” anche io ho fatto un tuffo all’indietro. Tuttavia, non mi sono immersa tra balene, sardine o in affascinanti aurore boreali. Sono invece tornata nel passato. Al cospetto di quella dottoressa di cui non ricordo nemmeno il nome, ma alla quale sarei curiosa di chiedere, dopo cosi tanto tempo, se ami ancora il suo lavoro come mi aveva raccontato all’epoca.

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