pentola a pressione

Ho scelto questo nome per due ragioni: 1) la pentola a pressione dimezza i tempi di cottura. In un mondo che va di fretta risparmiare il 50 per cento è un indubbio vantaggio di partenza; 2) avevo una sola altra alternativa, ovvero chiamare il mio blog valvola di sfogo. Mi serviva un posto dove riversare i miei pensieri velenosi. Lanciare parole nel web anziché frecciate assassine a chi mi sta accanto può essere la valida soluzione per scongiurare l'esaurimento nervoso, condividendo malumori quasi quotidiani, sporadiche euforie ed anche qualche brontolio sommesso che, appunto, mi rende simile ad una pentola a pressione che necessita di "sfiatare".

domenica 22 gennaio 2023

LE OTTO MONTAGNE. UN LIBRO, UN FILM, UNA SPLENDIDA STORIA DI AMICIZIA MASCHILE


Oggi non recensisco un libro, bensì il  film tratto dall'omonimo volume di Paolo Cognetti: le otto montagne. 

La pellicola deve il titolo ad un'antica leggenda nepalese che sarà spiegata strada facendo ed è un inno all'amicizia. Manifesta la voglia di riscatto dalle colpe dei padri, oltre a valorizzare appieno un ambiente naturale dall'ineguagliabile scenario: la montagna.

Ambientato a Graines (Grana) piccolo paese ai piedi del Monte Rosa, nella  provincia aostana (sulle cui cime sono girate gran parte delle scene), le otto montagne racconta la storia di Pietro e Bruno, due bambini che si incontrano nell'estate del 1984.

Bruno vive in montagna con gli zii, cui è stato affidato dal padre che lavora all'estero come muratore (della madre non si saprà nulla per tutta la durata del film, quindi presumo sia morta).

Pietro, che vive a Torino con i genitori, ha un padre (Giovanni, impersonato da Filippo Timi), immerso nel lavoro, gran fumatore, che raggiunge il figlio e la moglie nella casa estiva sui monti molto di rado. Quando lo fa, si inerpica sulle vette da cui è affascinato, aggiornando la cartina dei percorsi conquistati e portandosi dietro anche il ragazzino. 

L'uomo morirà ancora giovane per un infarto alla guida della sua vettura, quando Pietro è ormai adulto: solo dopo la sua scomparsa  il figlio scoprirà che suo padre e Bruno avevano stretto un accordo. Pietro si era da anni allontanato dalla sua famiglia, ma Bruno non aveva mai smesso di frequentare i genitori dell'amico. Si era arrampicato sulle montagne in compagnia di Giovanni e gli aveva promesso che lo avrebbe aiutato ad edificare una casa di montagna, recuperando un vecchio rudere abbandonato e dando vita a "Balma Drola". 


Per mantenere la promessa fatta, sarà proprio Pietro, in sostituzione del padre prematuramente scomparso, ad aiutare Bruno a portare a termine l'opera. Rincontrandosi dopo 15 anni, nei quali Pietro avrà a lungo viaggiato raggiungendo il Nepal alla ricerca della sua vera identità,  i due bambini divenuti ormai uomini impegneranno tutte le loro forze per edificare la baita, scoprendo che nulla sarà cambiato nella loro amicizia, che uscirà rafforzata da quei mesi passati fianco a fianco a proseguire il recupero dell'immobile. 

Le differenze tra i due, già note nell'infanzia, si faranno comunque più evidenti. Lo spirito montanaro di Bruno, sempre vissuto in quota, avrà il sopravvento su tutto. Pietro non riuscirà a convincerlo a viaggiare, a staccarsi da quell'ambiente affascinante ma molto isolato, vivendo altrove nuove esperienze. Nemmeno l'unione di Bruno con Lara, una donna conosciuta proprio grazie a Pietro e la successiva nascita della piccola Anita modificheranno l'atteggiamento di Bruno, che si chiuderà in se stesso dimostrando un’inscalfibile rudezza.

Fino al triste  epilogo, Bruno manterrà la sua fierezza e ostinazione nel non voler abbandonare le sue amate montagne, scenario di un'intera esistenza, Nulla potrà Pietro, nonostante la buona volontà, per smuoverlo dai suoi intenti.

Ho apprezzato questo film, che ci presenta due uomini molto differenti caratterialmente, ma accomunati da una solida amicizia. Non ho letto il libro di Cognetti, vincitore del premio Strega nel 2017, ma mi riprometto di farlo quanto prima. Sia Pietro (Luca Marinelli) che Bruno (Alessandro Borghi) sono impersonati da validi attori e anche i protagonisti della loro versione infantile sono credibili e ottimi interpreti. Meno ho gradito, invece, la lunghezza della pellicola - due ore e mezza che a mio avviso potevano essere senza problemi ridotte a 2 senza stravolgere la narrazione - e l'accento lombardo, che sconfina quasi nell'espressione dialettale veneta, che caratterizza Bruno. Un bambino nato e cresciuto in Val d'Aosta, se proprio si vuol essere fedeli alla realtà, dovrebbe avere un accento di quella zona, non di altra provenienza.

Tolto questo dettaglio, il film, contraddistinto da un'eccellente colonna sonora e da inquadrature ristrette che tengono viva l'attenzione, merita sicuramente il successo ottenuto e offre una piacevole visione allo spettatore. 

Si lascia la sala con la voglia di recarsi quanto prima in quota, per una piena ossigenazione del respiro ma anche per lasciarsi alle spalle, seppur temporaneamente, la frenesia della città in favore del silenzio delle cime. 

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