pentola a pressione

Ho scelto questo nome per due ragioni: 1) la pentola a pressione dimezza i tempi di cottura. In un mondo che va di fretta risparmiare il 50 per cento è un indubbio vantaggio di partenza; 2) avevo una sola altra alternativa, ovvero chiamare il mio blog valvola di sfogo. Mi serviva un posto dove riversare i miei pensieri velenosi. Lanciare parole nel web anziché frecciate assassine a chi mi sta accanto può essere la valida soluzione per scongiurare l'esaurimento nervoso, condividendo malumori quasi quotidiani, sporadiche euforie ed anche qualche brontolio sommesso che, appunto, mi rende simile ad una pentola a pressione che necessita di "sfiatare".

mercoledì 25 gennaio 2023

MILENA E LA SUA VOGLIA DI VIVERE, PIU' FORTE DI UNA SAETTA.


Non so se il termine "cazzuta" sia idoneo ad una recensione letteraria, ma è il primo che mi è venuto in mente leggendo "Un cuore in vetta" di Milena Béthaz, edito da Terra Santa Edizioni.

Già guardaparco nel territorio del Gran Paradiso, Milena, classe 1972, il 17 agosto 2000, dopo soli sei mesi dalla sua assunzione nell’ente, durante una ricognizione in quota ha la sfortuna di essere colpita da un fulmine. Il suo corpo viene attraversato da una saetta che entra dall'orecchio ed esce dallo scarpone, lasciandola al suolo sorda, tramortita e incapace di parlare.

A seguito del mancato contatto radio quotidiano con i colleghi scattano le ricerche, che vengono condotte senza sosta per tutta la notte. Ma Milena sarà ritrovata soltanto il giorno dopo. Il suo compagno di ascesa verrà rinvenuto ormai morto, lei in condizioni gravissime, tanto che ai suoi familiari verrà riferito di non farsi troppe illusioni, perché probabilmente la donna resterà in stato vegetativo.

Eppure, a distanza di 20 anni da quel tragico evento, Milena è ritornata a parlare e camminare. Pratica sci di fondo e discesa, va in bici e ha da poco pubblicato il libro, edito a ottobre 2022, nel quale racconta la sua drammatica vicenda.

Avevo avuto modo di ascoltare un assaggio della sua storia nel 2019 al Salone del libro di Torino. L'avevo vista sul palco di uno stand dell'Inail, chiamata a testimoniare, insieme ad altre persone, come la loro vita fosse cambiata dopo l'incidente che da normodotati li aveva resi disabili. Ricordo ognuna di quelle storie ma ho anche memoria di come, in quell’occasione, tra i tanti mi avesse in particolare colpita la vivacità dello sguardo di Milena, accompagnato ad una certa loquacità.

La montagna a questa donna ha tolto tanto: l'ha privata del padre, travolto da una valanga di neve e ghiaccio nel dicembre del 1981, quando lei aveva solo 9 anni e da oltre 20 anni l'ha costretta a dedicare buona parte della sua esistenza a recuperare le forze dopo essere stata colpita dalla saetta.

Milena prima di quel giorno d'agosto era un'atleta impegnata nello skyrunning, la maratona in altitudine. Aveva conquistato cime e trofei, oltre al campionato mondiale femminile della mezza maratona di Cervinia nel luglio 2000. Tutto cancellato da una scarica elettrica, insieme a buona parte dei ricordi.

Ma, a giudicare da quanto lei scrive, la montagna, seppur crudele, le ha dato più di quello che le ha sottratto. Insieme ad un lungo periodo di riabilitazione nel quale ha sentito costanti l'affetto dei suoi familiari e amici, la voglia di tornare in montagna le ha dato lo stimolo per fare sì, come le hanno scritto i parenti al suo ritorno a casa dopo circa 8 mesi di ospedale, che quello che sembrava un tramonto fosse invece l’alba di una nuova vita. Il presidente Mattarella l’ha insignita nel 2017 del titolo di Cavaliere  della Repubblica per l'encomiabile esempio di forza di volontà ed è indubbio che a Milena la tenacia non manchi, soprattutto se si considerano i pesanti danni fisici e psichici subiti, dai quali ha saputo riprendersi ripartendo da zero come farebbe un bambino. Milena, infatti, ha dovuto reimparare a camminare, a parlare, a scrivere. 

Questa ostinata donna della Valgrisenche non finisce di stupirci. Dopo 15 anni dall’incidente è tornata al lavoro: temporaneamente inserita in un ufficio del parco come amministrativa, smaniava per lasciare la scrivania e tornare tra quelle montagne che tanto ama. Oggi è addetta del centro studi di osservazione delle marmotte a Orvielle, in Valsavarenche. Deve studiarle, censirle, marcarne gli spostamenti.

Chissà quante volte avrà sentito fischiare questi simpatici roditori. Pur non essendo marmotta, al cospetto di Milena tutti noi dovremmo fischiare di ammirazione, perché non capita tutti i giorni di sentire storie di questo tipo. E soprattutto, noi che siamo normodotati troppo spesso non abbiamo pensieri positivi come i suoi. Nel libro Milena ammette come la sua vita sia talvolta attraversata da momenti bui, ma lascia intravvedere la fiammella della speranza. “Le mie giornate - scrive - non sono sempre gioiose. Ma poi penso alle cose belle della vita. Dobbiamo imparare ad accendere il buio con tutto ciò che ci fa stare bene. Bisogna essere positivi e ottimisti. Combattere, facendosi aiutare. Perché nessuno ce la fa da solo”. 

Ecco: leggete il suo libro e poi sono certa che anche voi vi convincerete che a una donna così il termine "cazzuta" calzi davvero a pennello.

E se ancora non ne siete convinti, aggiungo un dettaglio importante: l'11 luglio del 2015, quasi 15 anni dopo il suo giorno più nero, Milena ha conquistato i 4061 metri del Gran Paradiso, salendo sulle proprie gambe, avanzando nonostante ripetute cadute. Nel luglio 2016, invece,  ha raggiunto i 3486 metri della cima del Rutor. 

Allora, come vogliamo definirla una donna così? Intanto, io inizierei ad applaudirla.

 

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