pentola a pressione

Ho scelto questo nome per due ragioni: 1) la pentola a pressione dimezza i tempi di cottura. In un mondo che va di fretta risparmiare il 50 per cento è un indubbio vantaggio di partenza; 2) avevo una sola altra alternativa, ovvero chiamare il mio blog valvola di sfogo. Mi serviva un posto dove riversare i miei pensieri velenosi. Lanciare parole nel web anziché frecciate assassine a chi mi sta accanto può essere la valida soluzione per scongiurare l'esaurimento nervoso, condividendo malumori quasi quotidiani, sporadiche euforie ed anche qualche brontolio sommesso che, appunto, mi rende simile ad una pentola a pressione che necessita di "sfiatare".

venerdì 17 novembre 2023

LA VERA STORIA DI DIANA NYAD ORA DIVENTA UN FILM, CON DUE INTERPRETI ECCELSE

 

L’influenza non è mai una buona compagnia.

Tuttavia, se la febbre non è troppo alta, essere malati ti permette di fare piacevoli scoperte.

La prima è che stare a casa da soli, quando tutti i tuoi famigliari sono impegnati a scuola e al lavoro, non è niente male. Ti godi il silenzio, la pace e la libertà di orario.

La seconda è che, se la pesantezza di testa non ti consente di dedicarti alla tua passione preferita, ovvero la lettura, puoi fare una cosa che fai molto di rado, a meno che non sia in previsione qualche programma eccezionale: accendere la tv.

In questo modo, comodamente seduta sul divano, con copertina di pile addosso, ho scoperto l’esistenza di un film su Netflix che vale davvero la pena vedere. Si intitola “Nyad, oltre l’oceano” e ripercorre l’impresa (in realtà ben più di una) di Diana Nyad, atleta statunitense che aveva un sogno irrealizzato: nuotare ininterrottamente per 110 miglia, in Oceano aperto, da Cuba alla Florida.

Un’impresa incompiuta, che Nyad aveva già tentato da giovane, quando aveva solo 28 anni, gettando la spugna ben prima del traguardo.

Come tutti ben sappiamo, ciò che ci sfugge diventa sempre più ambito e così, una volta raggiunta l’età in cui uno dovrebbe iniziare a godersi la vita, Nyad soffia sulle candeline della sua 60ma torta di compleanno esprimendo il desiderio di portare a termine l’impresa già tentata in gioventù.

Non che nel resto della sua vita la donna fosse stata con le mani in mano: cercando sue notizie in rete ho scoperto che nel 1975, all’età di 26 anni, aveva già nuotato per 45 km intorno all’isola di Manhattan e 4 anni dopo si era spinta da North Bimini nelle Bahamas fino a Juno Beach in Florida, coprendo una distanza di 164 km. In aggiunta a ciò, Nyad, tuttora vivente, è detentrice del record di traversata Capri-Napoli.

Ma l’impresa narrata nel film è una sfida doppiamente impegnativa: quella di Diana contro le forze della natura, ovvero squali, meduse letali e meteo avverso, ma anche contro se stessa.

Nyad scenderà in acqua 5 volte prima di riuscire a coprire l’intera distanza, da L’Havana a Key West, potendo contare solamente sulle sue forze. Nell’ultimo tentativo riuscirà finalmente a percorrere 177 km senza sosta, bracciata dopo bracciata, alimentata ogni ora e mezza con un sondino dalla barca che le viaggia a fianco. Dal natante, la donna sarà assistita da un team affiatato, nel quale si distingue per tenacia e motivazione l’amica del cuore Bonnie, interpretata nella trasposizione cinematografica da Jodie Foster, mentre a impersonare Nyad è stata scelta la figura di Annette Being.

Tutte e due le attrici, a mio avviso, meriterebbero un premio per la loro interpretazione, da cui traspaiono caparbietà ma anche un forte senso di profonda amicizia.

“Che cosa pensi di fare della tua unica vita selvaggia e preziosa?” Legge Diana a Bonnie mentre, spinta dall’amica che le dice di cambiare le cose se non si trova a suo agio nella vita del momento, cerca la motivazione per intraprendere nuovamente l’impresa.

Dopo il fallimento in giovane età Diana si era infatti ritirata dal nuoto: troppo bruciante la sconfitta per proseguire nella pratica sportiva. Ma qualcosa continuava ad agitarla.

A Bonnie, che cerca di farla ragionare sull’impossibilità della riuscita dell’avventura 30 anni dopo, in primis per i limiti fisici,  Diana risponde con fermezza: “Io non credo nelle limitazioni imposte: l’unica persona che deciderà se ho chiuso sono io. Lo so che tutti vogliono che io me ne stia con la bocca chiusa e seduta, aspettando di morire. Ma non posso”.

Sono molte le frasi motivanti di questa pellicola. Una su tutte, che mi è piaciuta molto, Diana l’ha appesa al muro della sua stanza. “Un diamante è un pezzo di carbone che non ha mollato”.

E così, per poter brillare come lei sa di poter fare, Diana sfiderà la morte, le allucinazioni, la fatica, gli imprevisti, con una grinta che pare impossibile anche solo immaginare che la donna abbia posseduto. D’altronde, nella sua firma, fin dalla nascita era scritto un destino: Nyad in greco significa ninfa dell’acqua e Diana è la dea della caccia. Grazia e potenza riunite, insomma.

Più che una dea, comunque, osservare Diana arrivare a Key West trascinando a fatica le gambe stanche mentre esce dall’acqua per venire accolta dall’abbraccio di Bonnie e del suo team mi ha ricordato un bambino che muove i primi passi incerti e sorride del suo trionfo, circondato da familiari plaudenti.

Nyad è la prova che, tra tutte le sfide, le migliori da vincere sono quelle con noi stessi, perché ci migliorano la vita. A qualsiasi età ciò accada. Perché non esiste un tempo per dire basta, fino a che non è il nostro cuore, con il suo ultimo battito,  a decidere che sia giunto davvero lo stop.

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