pentola a pressione

Ho scelto questo nome per due ragioni: 1) la pentola a pressione dimezza i tempi di cottura. In un mondo che va di fretta risparmiare il 50 per cento è un indubbio vantaggio di partenza; 2) avevo una sola altra alternativa, ovvero chiamare il mio blog valvola di sfogo. Mi serviva un posto dove riversare i miei pensieri velenosi. Lanciare parole nel web anziché frecciate assassine a chi mi sta accanto può essere la valida soluzione per scongiurare l'esaurimento nervoso, condividendo malumori quasi quotidiani, sporadiche euforie ed anche qualche brontolio sommesso che, appunto, mi rende simile ad una pentola a pressione che necessita di "sfiatare".

venerdì 18 aprile 2025

IL FLOP DI DICKER. PERCHE' ANCHE I MIGLIORI, OGNI TANTO, SBAGLIANO.


Ho letto quasi tutti i libri di Dicker, fatta eccezione per "La Tigre" e "Le colpe dei nostri padri".

Indistintamente, tutti mi sono piaciuti, uno più dell'altro, Per questo, ingenuamente pensavo che anche l'ultima fatica  dell'autore, il romanzo "La catastrofica visita allo zoo", edito da La Nave di Teseo come tutti i precedenti, mi avrebbe piacevolmente impressionata. 

Tra l'altro, è stato pubblicato nel mese di marzo ma figura già in cima alle classifiche dei libri più venduti di questo periodo. Anche se, ora, mi viene il dubbio che capitanare la graduatoria possa semplicemente  voler dire che molti abbiano comprato il libro. Non che sia piaciuto a tutti gli acquirenti.  

Io sono andata sul sicuro, memore delle precedenti esperienze, Ma, anche se avessi letto la recensione che ho poi trovato in rete una volta conclusa la lettura, mi sarei lasciata illudere. La definizione del libro è infatti quella di "un romanzo avvincente e sorprendente, capace di mescolare suspense, ironia e riflessione".

Per quanto concerne l'ironia, è vero: è frequente. Ma si tratta di un'ironia piuttosto puerile. Io ho sorriso soltanto verso la fine, giunta al capitolo della recita teatrale, ma non mi sono certamente sganasciata dalle risate. Invece, della suspense, a mio avviso, non c'è nemmeno l'ombra.

Perlomeno, la spasmodica ricerca di un colpevole non ha nulla a che vedere con i fiumi di adrenalina che avevano caratterizzato le precedenti pubblicazioni dello scrittore svizzero. Infine, riguardo agli spunti di riflessione, il volume mi ha offerto gli stessi spunti che avrei trovato ascoltando i discorsi di altri viaggiatori su un qualsiasi mezzo di trasporto oppure sfogliando le pagine di un quotidiano. 

In chiusura, Dicker spiega di aver voluto scrivere un libro che fosse alla portata di tutti, dal bambino di 7 anni al centenario. Lo ha fatto per invogliare alla lettura tante persone che invece vede sprecare il loro tempo correndo dietro alle immagini che scorrono sugli smartphone. Ho una figlioccia dodicenne e due genitori che hanno superato la soglia degli 80 anni, ma ci sono tanti libri migliori dei quali consiglierei loro la lettura, non il suo. 

La mia impressione invece è che, dopo tanti volumi all'insegna del giallo, a Dicker sia stato chiesto di cimentarsi in qualcosa di insolito, per stupire la platea. Ha accettato una sfida che non era nelle sue corde, scrivendo un libro che ho trovato esageratamente infantile e non certo per l'età dei protagonisti. 

Tutto ruota intorno ad una classe di bambini "speciali", che frequentano una classe "speciale", istruiti dalla loro maestra, la signorina Jennings. Sono collocati in una sede vicina ad una scuola di alunni "normali".

Gli speciali sono soltanto 6: 5 maschi e Joséphine, unica femmina, che è la voce narrante del libro. Joséphine, ormai adulta, racconta quanto realmente accaduto  durante la visita allo zoo di molti anni prima, una mattina di dicembre. 

Lo fa partendo da un episodio catastrofico quanto quella gita: l'allagamento della scuola degli speciali, scoperto un lunedì mattina. 

Tra battibecchi genitoriali, incomprensioni e termini che ai bambini sono praticamente sconosciuti, i piccoli si calano nel ruolo di  investigatori per scoprire chi abbia reso inagibile la loro classe lasciando aperti tutti i rubinetti. Trovano una valida compagna di indagine nella nonna di uno di loro, escludendo via via i potenziali sospetti. 

Nel romanzo, che si legge rapidamente perché ha poco più di 20 capitoli, ciascuno di poche pagine, si parla anche di democrazia e di rispetto delle idee del prossimo, Credo di esercitare il mio democratico diritto di critica mettendo il pollice verso su questo libro, esattamente come ho quasi osannato tutte le altre opere dell'autore che meritavano il mio giudizio positivo. 

Come si dice, non tutti i gusti sono alla menta, quindi sicuramente a qualcuno questo libro piacerà. E io sarò contenta per lui/lei, che avrà investito bene il suo tempo ed il suo denaro.  

Non so se, come gli altri romanzi di Dicker, anche questo sarà tradotto in 40 lingue. 

Tuttavia, siccome l'autore è svizzero ma nella versione nostrana la traduzione è opera di una professionista italiana, lancio un appello. Se il testo deve essere letto anche da bambini che hanno tutto da imparare, cerchiamo di offrire loro, oltre a suspense, ironia e riflessione, anche le basi della corretta grammatica italiana.

A pagina 24 ho infatti riscontrato un madornale errore, che purtroppo si sta diffondendo rapidamente sulla carta stampata. Lo leggo spesso e viaggia a braccetto con un altro obbrobrio: apposto scritto invece di "a posto". 

Chiariamo una volta per tutte: a fianco, vuol dire a lato di. Affianco, invece, è il participio passato del verbo affiancare. Affianco una persona in auto, ma se cammino a lato di qualcuno, gli sono a fianco (al limite di fianco)

E la scuola degli speciali si trova a fianco del parco, non certo affianco, come è scritto. 

Altrimenti, ad essere catastrofica, non è sola la visita allo zoo, ma anche la traduzione del libro. 

Un secondo appello, invece, va all'amato Dicker. Che si rimetta subito al lavoro, per regalarci un'altra avvincente vicenda che abbia lo stesso stile narrativo delle precedenti. 

Uno scivolone può succedere a chiunque e glielo si perdona, ci mancherebbe. A patto che non ripeta l'errore e torni ad essere quel Joel Dicker che abbiamo conosciuto in passato. 

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