Roberto Saviano non mi è mai stato molto simpatico. Quando lo vedo cambio canale, non sopporto il suo modo di parlare senza guardare l’obiettivo, alzando gli occhi al cielo.
Questo mio pregiudizio, tuttavia, non ha alcun fondamento particolare: è una sensazione a pelle. Non ho mai avuto modo di ascoltarlo dal vivo, di incontrarlo o confrontarmi con lui per potermi ricredere su ciò che la sua vista mi scatena.
L’occasione per rivalutarlo, tuttavia, me l’ha offerta la sua ultima pubblicazione, “L’amore mio non muore”, edito da Einaudi. Un romanzo davvero profondo, ispirato da una storia vera e scritto in maniera impeccabile, che ripropone la drammatica vicenda di Rossella Casini, giovane studentessa universitaria di Firenze scomparsa il 22 febbraio del 1981.
Il suo corpo non è mai stato restituito ai genitori, che hanno lasciato questo mondo straziati dal dolore e senza giustizia.
La ragazza, residente nel capoluogo fiorentino con il padre Loredano e la madre Clara, ha avuto la sfortuna di innamorarsi perdutamente dell’uomo sbagliato, tale Francesco Frisina. originario di Palmi, in Calabria.
Il giovane, insieme ad alcuni ragazzi delle sue parti, aveva preso in affitto l’alloggio al piano terra dello stabile fiorentino in cui Rossella viveva con la famiglia, ufficialmente per frequentare l’Università.
Due chiacchiere, l’offerta di un caffè e Rossella è subito rimasta stregata da quel ragazzo, che ha poi voluto far conoscere ai suoi familiari.
Ma se Francesco di Rossella sapeva praticamente tutto, in senso opposto non c’era altrettanta trasparenza. Rossella chiedeva all’amato notizie dei suoi familiari, voleva conoscerli, capire dove vivessero, di cosa si occupassero.
Francesco, nel frattempo, aveva disobbedito all’ordine della famiglia di rientrare a Palmi, in Calabria, insieme ai suoi amici. Si era invece trattenuto a Firenze per amore e, solo dopo pressanti insistenze di Rossella, si era convinto a scendere in meridione insieme ai genitori e alla nonna della ragazza.
In quel breve soggiorno al sud, tuttavia, Rossella aveva ben presto compreso cosa si nascondesse dietro la reticenza dell’amato nel farle conoscere la realtà in cui era cresciuto.
Non si trattava solo di uliveti, vigne e coltivazioni. In quelle terre cresceva rigogliosa anche la mafia, con le sue potenti ramificazioni. Estensioni che accarezzavano anche i Frisina, convinti di essere al sicuro ma in realtà coinvolti nella faida tra due famiglie avverse, i Gallico e i Condello, in quanto posti sotto la tutela di una delle due.
Nella sanguinosa violenza che dilaga in quegli ambienti, Rossella ben presto viene vista come un corpo estraneo. La chiamano “la straniera” sia in paese che in famiglia. E l’amicizia che tenta di stringere con Cettina, la sorella del suo amato, è in realtà tale solo all’apparenza.
Rossella, dopo essere scappata dalla piana di Gioia Tauro con la famiglia senza spiegare ai suoi congiunti il vero motivo della fuga, decide di farvi ritorno in seguito.
Non riesce infatti a privarsi dell’amore di Francesco e così cerca di integrarsi nella sua famiglia. Coltiva i campi con loro e crede di essere riuscita nel suo intento.
Ma quando il padre del suo amato viene ucciso in un agguato in campagna dinnanzi agli occhi della moglie, la giovane capisce che le ‘ndrine respirano la sua stessa aria e non è più d’accordo a stare in silenzio.
Intanto i suoi genitori premono per riaverla a Firenze. Sono ormai 6 mesi che non la vedono e la sentono solo per telefono, le chiedono di rientrare.
Rossella si convince a farlo per iscriversi all’Università di Roma, ma proprio il giorno della sua partenza Francesco cade in un agguato sotto i colpi di fuoco nemici e la sua sopravvivenza è a rischio. Solo un miracolo potrebbe salvarlo. Trasferito all’ospedale di Firenze, Francesco si riprende e Rossella lo convince a denunciare tutto quello che sa, per ricostruire insieme a lei una nuova vita lontana dalla mafia.
Francesco accetta a malincuore ma poi ritratta. La “straniera”, la donna del nord che lo ha così snaturato viene presa di mira dalla famiglia di Francesco, che la offre ai criminali come vittima sacrificale, mandandola a parlare con il capo dei Condello. In realtà Rossella non morirà per mano sua, ma di emissari dei Gallico.
Il libro ci offre tre possibili epiloghi della vicenda, solo uno con esito positivo ma piuttosto impensabile.
Rossella scompare nel nulla, vittima di mani insanguinate, della sua troppa onestà e di una fiducia incrollabile in quell’amore che, come dice il titolo del libro, non muore, ma è stato regalato alla persona sbagliata.
Un sentimento puro come lo era lei, troppo fiduciosa da pensare che, a volte, d’amore si possa anche morire.
Un sentimento che Saviano ha espresso molto bene, dedicando la sua opera proprio a Rossella, suo malgrado vittima di un amore ostinato, vero, puro ma non abbastanza forte da avere la meglio sulla violenza e l’inganno.
Saviano ha regalato a tutti noi noi lettori un crudo ma profondo spaccato di quella vicenda e, a me in particolare, la scoperta che si può sempre cambiare idea su qualcuno che a prima vista non ci piace affatto.
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